Il Buddha, il cui nome era Siddharta Gautama, visse nell'India del Nord nel VI sec. a.C. Secondo la leggenda egli nacque durante il viaggio che doveva portare la regina Maya, moglie del capo del clan degli Sakya, il nobile guerriero Suddhodana, a partorire il primo figlio nella casa paterna, secondo la tradizione del tempo. Ma la tradizione vuole che la giovane non raggiungesse mai la casa e partorisse in un boschetto, mettendo al mondo colui che diventerà il Buddha.
Prima di intraprendere la sua ricerca spirituale, il Buddha viveva nell'agio presso il palazzo del padre, seguendo l'educazione necessaria a divenire, un giorno, re di una regione che corrisponde all'incirca all'attuale Nepal.
Poco prima di compiere trent'anni il principe Siddharta incontrò delle persone che stavano vivendo l'esperienza della malattia, della vecchiaia e della morte, rimanendone molto impressionato e turbato. Allo stesso modo rimase profondamente ammirato dalla serenità mostrata da un saggio eremita. Maturando tali esperienze, il principe Siddharta realizzò la precarietà e la temporaneità del suo stato di agio ed abbandonò la sua casa e la sua famiglia, in cerca di una soluzione definitiva alle grandi sofferenze del mondo. Intraprese in tale ricerca diverse pratiche spirituali ed incontrò molti maestri, finché, insoddisfatto di quanto sperimentato, ricercò la sua via: una via di mezzo tra l’estremo ascetismo e una vita legata ai piaceri dei sensi. Come risultato di questa ricerca una sera, all'età di trentacinque anni, meditando sotto un albero - poi conosciuto come l’albero della Bodhi o del Risveglio, presso Bodhgaya (nell'attuale regione del Bihar, in India) -, il principe Siddharta raggiunse lo stato dell'Illuminazione, ossia lo stato di completa e profonda saggezza, al di là di ogni sofferenza. Da quel giorno fu noto come il Buddha, il Risvegliato.
Dopo l'Illuminazione il Buddha diede a Sarnath il suo primo insegnamento, noto come "Il discorso delle Quattro Nobili Verità", che indica la via per liberarsi dallo stato di sofferenza esistenziale propria dell’uomo, senza il bisogno di intermediari sacerdotali come i brahmani, ma attraverso un lavoro su se stessi. Da quel momento passò la sua vita ad insegnare ad innumerevoli persone la via per raggiungere, come lui, la condizione di Illuminato.
Fondò una comunità monastica a cui poterono accedere gli uomini, e successivamente anche le donne, dato estremamente rivoluzionario nella società indiana dell’epoca, che tradizionalmente non consentiva a queste ultime di uscire dalla tutela e dal controllo diretto della famiglia patriarcale. Il Buddha morì ad ottanta anni nel 480 a.C., a Kusinara, nell'attuale regione indiana dell'Uttar Pradesh.
Alla morte il Buddha non lasciò alcun successore e la comunità continuò ad operare insieme. All’inizio mancava anche un Corpus Canonico codificato, e i discepoli diretti del Buddha si riunirono nel 473 durante il I Concilio indetto a Rajagriha. Il Concilio durò sette mesi ed aveva lo scopo di riordinare ciò che essi avevano appreso direttamente dal Maestro. In tale consesso vennero esposti i sutta, ovvero i discorsi del Buddha così come ricordati dal discepolo a lui più vicino, Ananda, mentre la dottrina delle regole monastiche fu esposta da Upali, altro discepolo importante.
Circa centodieci anni dopo, nel 363 a.C., si tenne un secondo Concilio a Vaisali, città in cui i monaci avevano da tempo adottato delle pratiche discutibili: questi furono messi a confronto con monaci provenienti da tutta l’India, fatto che dimostra la diffusione già avvenuta del buddhismo, e alla fine venne deciso da tutti i presenti di darsi un codice di comportamento, il Patimoksha, che tuttora viene seguito dalla comunità monastica.
Un altro momento fondamentale nella storia del buddhismo è rappresentato dal terzo Concilio indetto nel 245 a.C. a Pataliputra dall’imperatore Asoka Maurya, che fu uno dei principali protettori del buddhismo in India. In tale concilio si cercò di frenare le emergenti tendenze scismatiche, che cominciavano a differenziare l’insegnamento e che un paio di secoli più tardi daranno origine a due scuole fondamentali: la scuola del cosiddetto Piccolo Veicolo, o Hinayana (che inizialmente era costituito da circa diciotto scuole di differente impostazione), e quella del grande Veicolo, o Mahayana (in cui si pone grande enfasi sulla figura del Bodhisattva, colui che dedica tutte le sue realizzazioni spirituali e le sue azioni alla liberazione della sofferenza di tutti gli esseri).
Infine, all’incirca alla fine del primo secolo dopo Cristo, la comunità monastica che nei secoli precedenti si era formata e stabilizzata nello Sri-Lanka, redasse il Canone Buddhista in forma scritta. Tale Canone in lingua pali, composto da tre parti o canestri (Tipitaka) ovvero quello dei discorsi (Suttapitaka), della disciplina monastica (Vinayapitaka) e della dottrina filosofica (Abhidhammapitaka) è rimasto integro fino ad oggi ed è accettato dalle scuole di tutto il sud-est asiatico. Esso costituisce una base di comparazione per i resti del canone in sanscrito che è andato perduto nella sua interezza in seguito alle invasioni musulmane e alla distruzione dei monasteri e delle università monastiche buddhiste come quella famosissima di Nalanda nel nord dell’India.