Meditazione

Come meditare in vista del colloquio

Un buon modo di approcciarsi alle proprie sessioni di meditazione, sia sedute che camminate, è quello di farlo nella prospettiva di esaminare e riferire le proprie esperienze meditative. In effetti è proprio quello che accade durante i ritiri intensivi, ogni giorno o ogni due abbiamo un colloquio con l’insegnante, o un suo assistente, che serve a verificare l’andamento della pratica. Qualche consiglio: Meditazione seduta: per prima cosa scegliete il vostro oggetto principale e primario, fate qualche prova per trovare quello che é più adatto a voi, ma poi cercate di non cambiare in continuazione, ne soffrirebbe la stabilità della vostra meditazione. Per esempio, se il vostro oggetto principale è il movimento di salita e discesa dell’addome, osservatelo in modo poi da poter riportare ciò che sperimentate descrivendo la vostra esperienza al riguardo.Cercate di osservare il respiro separatamente, siate precisi descrivendo sia l’inspirazione che l’espirazione.

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I benefici della meditazione camminata. U Silananda

Nei nostri ritiri di meditazione gli yogi praticano la consapevolezza in quattro differenti posture. Praticano la consapevolezza quando siedono, quando camminano, quando sono in piedi e quando sono sdraiati. Devono mantenere viva la loro consapevolezza sempre e in qualsiasi posizione siano.La principale postura per la meditazione di consapevolezza è quella seduta con le gambe incrociate, ma dal momento che il corpo umano tollera con difficoltà questa posizione, se mantenuta per molte ore consecutive, abbiamo periodi di meditazione camminata che si alternano ai periodi di meditazione seduta. Siccome la meditazione camminata è molto importante, vorrei parlarvi dei suoi significati, della sua natura e dei benefici derivanti dalla sua pratica. La pratica della meditazione di consapevolezza può essere paragonata all’acqua che bolle.Se si vuole bollire dell’acqua, bisogna mettere l’acqua in una pentola, mettere la pentola sulla stufa e, infine, accendere il fuoco. Ma se il fuoco viene spento, anche per un solo istante, il processo di riscaldamento dell’acqua si arresta, anche se più tardi il fuoco viene riacceso. Se continuiamo ad accendere e spegnere il fuoco l’acqua non bollirà mai. Nello stesso modo, se ci sono interruzioni tra i momenti di consapevolezza è come se ogni volta si perdesse lo slancio e…

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Meditare a casa

Quando si decide di sedersi a meditare si applica ciò che viene descritto negli insegnamenti del Buddhismo, ovvero si passa alla pratica. Senza questa attività tutti i libri e i discorsi sulla liberazione dalla sofferenza sono solo concetti. Interessanti e importanti, ma la nostra vita non cambierà un granché senza la palestra meditativa, senza l’applicazione metodica di quegli insegnamenti. La cosa migliore è impostare una pianificazione della propria pratica e continuarla con dolce e paziente tenacia; la programmazione inserisce una struttura di comportamento nella quotidianità delle nostre vite. L’importante è che il nostro programma possa essere un aiuto e non diventi un peso: meditare non è un dovere, né un obbligo. La meditazione è un’attività mentale, psicologica; ha a che fare con il materiale grezzo delle sensazioni mentali e fisiche, con le emozioni, gli stati mentali e i flussi di pensiero. Di conseguenza, si tratta di un’attività molto sensibile all’atteggiamento con cui ci si avvicina ad ogni sessione. La nostra pratica potrà quindi andar meglio quando ci sentiremo positivamente motivati a sederci. Per esempio, se ci sediamo col pensiero che sia una fatica, questo è probabilmente ciò che accadrà. Quindi impostiamo un modello quotidiano con cui poter convivere, rendiamolo ragionevole,…

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Brevi cenni sulla “Nota mentale”

Si tratta di una tecnica usata in vipassana e conosciuta anche come: “notare pratica si tratta di esprimere mentalmente una parola che descrive ciò che viene sperimentato nel corpo o nella mente nel momento presente. Nominiamo le sensazioni, i processi, gli stati mentali, i pensieri, le emozioni, ecc., ovvero nominiamo ciò che sperimentiamo nel momento in cui accade e lo facciamo senza analizzare, paragonare, giudicare e senza dedicare alcuna riflessione o elaborazione. Ci affidiamo all’intuizione e alla percezione e cerchiamo di utilizzare una parola sola evitando frasi composte; la mente è in grado di farlo in modo intuitivo e preciso, spesso questo atteggiamento meditativo viene chiamato “nuda attenzione”. Quali sono le ragioni della nota mentale, perché la si utilizza. •    Agli inizi aiuta la mente a dirigersi verso l’oggetto•    Previene il divagare della mente dall’oggetto, ovvero aiuta a non pensare a qualcos’altro•    La mente è impegnata in una attività proficua•    Rende oggettiva la consapevolezza; evita la soggettivizzazione con opinioni o giudizi•    Chiarifica e conferma il singolo oggetto che viene osservato, evitando che si confonda con qualcos’altro•    Supporta l’andamento dell’osservazione fino a che l’oggetto resta predominante•    Rinforza il lavoro della presenza mentale Quando si cambia la nota:•    L’oggetto scompare ed è…

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Il “principio” base in vipassana

Ogni volta che sorge un dubbio riguardo alla pratica meditativa semplicemente ricordiamoci del “Principio”su cui si fonda. Il “principio” alla base della vipassana è quello di osservare ogni processo fisico e mentale che è predominante nel momento presente. Noi stiamo semplicemente prendendo nota e osservando ciò che si presenta nel campo della coscienza, non lo facciamo con l’intento di cambiare o eliminare alcunché e lo facciamo nel modo più distaccato e dis-identificato possibile. Osserviamo ogni cosa, non una sola e permanente, ma qualsiasi cosa si presenta naturalmente nel campo della consapevolezza in maniera chiara ed ovvia ai cinque sensi e alle coscienze ad essi collegate, nel corpo e nella mente. Ogni volta che sorge un dubbio riguardo alla pratica semplicemente ricordiamoci del “principio”, ovvero osservare ogni processo fisico e mentale che è predominante nel momento presente. Alcuni brevi cenni su cosa è vipassana e cosa non lo è: L’esposizione del Principio è contenuta in un libro intitolato “See it, Know it, Watch it go” scritto da Jeffrey Oliver, ex Bhikkhu Dhammarakkhita. La libera sintesi in sede di traduzione è di Gianni Carlo Giovannini.

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Cenni sull’oggetto di meditazione

Gestione degli oggetti in meditazione: oggetti primari e oggetti secondari All’inizio della pratica meditativa, lo yogi riceve un oggetto di meditazione. In lingua Pali si chiama kammatthana, che letteralmente significa “luogo di lavoro/attività”, esso è il “terreno” per la coltivazione degli stati mentali della concentrazione e della visione profonda. In genere rappresenta l’oggetto principale su cui lavoriamo e che chiameremo “oggetto primario”.Durante l’attività di osservazione altri fenomeni si presentano alla nostra attenzione: questi costituiscono gli oggetti secondari.Molto spesso negli yogi nascono dei dubbi rispetto all’oggetto sul quale meditare. Può darsi che l’oggetto primario scompaia, che sia stato messo in ombra o che più oggetti si presentino contemporaneamente.L’oggetto che scegliamo di osservare deve essere stabilito in base a precise ragioni, perchè è l’oggetto relativo alla meditazione di visione profonda che costituisce la nostra pratica. In primo luogo, l’oggetto primario deve essere l’oggetto più facile per lo sviluppo della presenza mentale e della concentrazione. Nel nostro caso usiamo prevalentemente il “sollevarsi-abbassarsi” dell’addome. Questo oggetto è stato scelto tra gli oggetti fisici grossolani e continua ad essere l’oggetto primario della meditazione di visione profonda come viene praticata nella tradizione di Mahasi Sayadaw. In altre tradizioni si usa il respiro che entra e esce dalle narici oppure l’osservazione delle sensazioni nel corpo. Diciamo…

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Avarana sutta-gli ostacoli

ANGUTTARA NIKAYA 5.51 In questo sutta il Buddha utilizza un paragone molto utile ad illustrare l’effetto che i 5 ostacoli alla meditazione hanno nell’indebolire l’impulso al progresso nella pratica. Il sutta: Una volta il Beato soggiornava a Savatthi, nel Boschetto di Jeta, nel Monastero di Anathapindika. Là si rivolse ai monaci, “Monaci! “”Sì, signore” – i monaci risposero. Il Beato disse: “Questi sono cinque ostacoli, ostacoli che sommergono la consapevolezza ed indeboliscono la conoscenza. Quali cinque? Questi sono i cinque ostacoli, ostacoli che sommergono la consapevolezza ed indeboliscono la conoscenza. Quando un monaco non ha abbandonato questi cinque ostacoli, ostacoli che sommergono la consapevolezza ed indeboliscono la conoscenza, quando è senza energia e debole nella conoscenza: per lui capire ciò che è utile per il proprio beneficio, capire ciò che è utile per il beneficio degli altri, capire ciò che è utile per il beneficio di entrambi, rendersi conto di uno stato umano e superiore, ottenere la chiara conoscenza e visione: ciò è impossibile. Supponete che ci sia un fiume, che scorre giù dalle montagne ed un uomo aprisse dei canali che lo conducono via su entrambi i lati, così che la corrente del fiume sia dispersa, diffusa e dissipata; questo fiume…

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I cinque ostacoli

I cinque ostacoli sono un gruppo di fattori mentali che crea molta difficoltà nella nostra pratica. Questi cinque ostacoli sorgono con una particolare forza nei primi giorni di un ritiro. Molti meditanti si preoccupano dell’improvviso sorgere di questi stati mentali difficili e non sanno come gestirli. Tutti voi state facendo del vostro meglio per essere consapevoli e seguire le istruzioni, e il compito non sembra essere così complicato, dovete semplicemente tenere la mente nel momento presente osservando il vostro oggetto primario, l’alzarsi e l’abbassarsi dell’addome o altri oggetti che sorgono e che diventano predominanti.Ma ben presto vi accorgete che la consapevolezza si perde, e quindi non state più nel momento presente, non state più osservando ciò che sorge, andate nei pensieri, divagate, incominciate a dubitare, a diventare irrequieti, e via di seguito. Cosa sta succedendo? Come mai non riesciamo ad essere consapevoli nonostante lo sforzo che stiamo mettendo? La risposta è facile da trovare. Se guardate dentro la vostra mente riuscirete a cogliere degli stati mentali che sono piuttosto forti. Finché questi stati mentali difficili occupano la vostra mente non riuscirete ad avere la consapevolezza necessaria per cogliere i fenomeni o gli oggetti così come sorgono nel momento presente. Questi…

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I primi due fondamenti della consapevolezza, di Beate Gloeckner

Nella meditazione Vipassana seguiamo un metodo che risale a un antico Sutta riguardante un insegnamento del Buddha, ovvero il Satipatthana Sutta, i Quattro Fondamenti della Consapevolezza. È il discorso n. 10 del Majjima Nikaya, ovvero della Raccolta dei discorsi di media lunghezza. Nella premessa a questo discorso il Buddha indica i quattro Satipatthana, o la meditazione sui Satipatthana, come l’unico modo per sviluppare la saggezza e quindi raggiungere la liberazione. Introdusse questo discorso con queste parole:   “O monaci, questo è il sentiero diretto per la purificazione degli esseri, per il superamento della pena e del lamento, per la cessazione della sofferenza e della scontentezza, per l’acquisizione del giusto metodo, per la realizzazione del Nibbana, ovvero i quattro fondamenti della consapevolezza.” Questa pratica della consapevolezza è tipica degli insegnamenti buddhisti e non si trova in nessun altro insegnamento di altre religioni e sentieri spirituali, nei quali invece si postula l’esistenza di una entità divina e, come via per raggiungere la vera felicità, viene indicato un comportamento etico corretto affiancato a particolari pratiche di concentrazione. Questi due aspetti sono considerati come quelli che possono portare alla felicità. Invece l’approccio del Buddha è molto diverso. Mentre ci alleniamo ad osservare ciò che avviene e…

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